GIORNO DELLA MEMORIA. L’INTERVENTO DELLA MINISTRA VALERIA FEDELI AL QUIRINALE

La Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca 
Roma, 27 gennaio 2017 
Signor Presidente della Repubblica, 
Le sono grata dell’invito che ha rivolto al Ministero che ho l’onore di servire e a tutto il mondo dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca: per tutte e tutti noi questo Giorno della Memoria è un giorno di scuola oltre la scuola, di riflessione e approfondimento. Così come l’ha voluto la legge 211 del 2000 che ha istituito questa giornata. Ricordiamo oggi la Shoah, lo sterminio del popolo ebraico, perché fare memoria, Signor Presidente, è un atto doveroso e delicatissimo. Lo vediamo ogni volta che le nostre studentesse e i nostri studenti visitano i luoghi dello sterminio, spesso sorretti e accompagnati dalla testimonianza dei sopravvissuti, che con coraggio si caricano del fardello del ricordo, perché nessuno dimentichi e nessuno si sottragga alla responsabilità della storia. Il rapporto che le nostre ragazze e i nostri ragazzi hanno stabilito con loro – penso a tante e tanti e in particolare a Sami Modiano che tutti abbracciamo oggi, e a Tatiana e Andra Bucci, con le quali appena una settimana fa abbiamo condiviso l’esperienza del Viaggio della Memoria – è un rapporto che segnerà per sempre la loro vita e li impegna davanti a tutti i possibili rigurgiti di antisemitismo, di romfobia, di omofobia, di xenofobia. 

Eravamo in 100 a Cracovia, appena qualche giorno fa, un gruppo attento e silenzioso immerso nella sacralità di quei luoghi, in ascolto delle storie che si materializzavano davanti ai nostri occhi, trasportate dalle parole delle sorelle Bucci proprio lì dove erano accadute nella loro crudezza. Il viaggio al quale abbiamo partecipato, la giornata di oggi sono momenti di cui abbiamo bisogno per “vedere” e “rivedere” con lucidità ciò che è stato. Vedere per riconoscere. E questo può avvenire solo studiando, conoscendo e facendo esperienza diretta. La scuola è fondamentale in questo percorso, perché è il luogo principale della nostra società in cui si educano le nuove generazioni a scavare dentro l’ignoto, ad andare alla radice dei timori per scardinarli, a conoscere e comprendere la natura dei fatti storici e sociali della nostra storia. 

Non c’è niente, conosciuto per ciò che è, che può farci paura. E l’altro, chiunque sia, non può mai essere un nemico da sconfiggere. La diversità di ognuna e ognuno di noi è una fonte di arricchimento: ci consente di guardare con occhi nuovi, da prospettive differenti. E questo è fondamentale per crescere. La nostra identità non può né deve mai essere usata come etichetta per discriminare. Siamo innanzitutto persone e il rispetto della nostra dignità non deve mai venire meno. Siamo donne e uomini. È questo che ci accomuna prima di tutto. E nessun aggettivo messo accanto a queste due parole deve essere mai più usato per alzare muri, mettere ai margini. È una lezione dolorosa che abbiamo imparato attraverso l’Olocausto. Una lezione che dobbiamo mantenere viva, con l’esercizio costante della conoscenza e del rispetto dei diritti umani. Le Madri e i Padri Costituenti ne hanno fatto un principio intoccabile della legge più importante del nostro Stato. 

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Ed è per questo che l’articolo 3 della nostra Costituzione è così chiaro. Nessun tipo di discriminazione è ammesso. Nessuno. Oggi può farci impressione leggere quel termine “razza”, espressione che, per fortuna, ci appare desueta e concettualmente sbagliata. Ma chi ha voluto porre le basi normative di un’Italia democratica ha fatto una scelta di segno ben precisa: tutti dobbiamo avere ben in mente che per questioni razziali si è ucciso nel nostro Paese. E questo non deve essere mai più permesso. I lavori dell’Assemblea Costituente mantengono le tracce della riflessione attorno a questo termine. Se da una parte alcuni deputati – cito: “come atto di doverosa cortesia verso le comunità israelitiche italiane” – proponevano soluzioni alternative, alla fine si decise per un’espressione che mantenesse viva la memoria come momento fondativo di una Repubblica che ripudia il male e l’odio verso l’altro. 

Il prossimo anno ricorrerà l’80esimo anniversario dalla promulgazione delle leggi razziali: leggi che imponevano obbedienza e osservanza, fondamento giuridico di uno Stato, ma di uno Stato totalitario, che perseguitava e uccideva nel rispetto di provvedimenti giuridici. Sono, perciò, contenta di avere sottoscritto ad Auschwitz insieme all’Ucei e al Consiglio Superiore della Magistratura, di cui Lei è Presidente e del quale vedo qui autorevoli esponenti, un memorandum che mette a disposizione delle scuole i magistrati italiani perché sostengano le nostre studentesse e i nostri studenti nella comprensione dei rapporti che intercorrono tra le leggi – il cui scopo è quello di regolare la vita civile di una determinata comunità – e i diritti, il cui rispetto è fondamentale per garantire la tutela della dignità umana. Leggi e diritti, elementi complementari che non possono mai essere disgiunti nella vita di un Paese civile e democratico. 

Così in vista dell’anniversario del 2018, Signor Presidente, vorremmo assicurare a tutti che non solo non dimenticheremo ma che non smetteremo mai di studiare, di capire. Faremo in modo che sia un anniversario fecondo di eguaglianza, di giustizia e, per quanto possibile davanti all’irreparabile che fu la Shoah, di riparazione. Vogliamo promuovere una riflessione adeguata. Vogliamo che i nomi delle espulse e degli espulsi siano ricordati in tutte le scuole e in tutte le università, che in quell’anno persero, del tutto o temporaneamente, una componente essenziale della nostra cultura: un nome su tutti Rita Levi Montalcini, che ricordiamo a cinque anni dalla scomparsa. Vogliamo che gli studiosi e le studiose delle nostre università e dei nostri centri di ricerca, gli editori, le riviste scientifiche aprano uno scaffale web gratuito che, anche con il supporto del Comitato per gli anniversari di interesse nazionale presieduto da Franco Marini, metta a disposizione di tutti le migliori indagini e le più vaste fonti necessarie a comprendere quel passaggio storico drammatico. Non smetteremo mai di impegnarci affinché le pagine dolorose di una Storia che preferiremmo dimenticare, per non doverci guardare allo specchio e riconoscerci disumani, siano monito per la nostra vita presente e futura. Come Parlamento abbiamo voluto con forza l’approvazione della legge 115 del 2016 contro il negazionismo. 

Una legge il cui iter di approvazione, posso assicurarvi, è stato particolarmente complesso, a dimostrazione del percorso di consapevolezza ancora oggi richiesto su questi temi. Una legge di cui abbiamo bisogno per ribadire l’importanza di intercettare spie di malessere e di discriminazione e di non sottovalutare certi fenomeni e certi atteggiamenti. L’ho detto alle ragazze e ai ragazzi che con noi hanno visitato il campo di Auschwitz-Birkenau: guardatevi intorno, capite perché tornerete a casa diversi. E questo “tornare diversi” è l’investimento di una missione di tolleranza e rispetto, di curiosità e apertura all’altro. A partire dalla scuola e dell’università, che sono luoghi di inclusione e accoglienza. In questa Italia, in questa Europa, non c’è più spazio per l’odio, per l’emarginazione. Non deve esserci più spazio per la violenza. A Lei, Signor presidente, alla Presidente dell’Ucei, Noemi di Segni, a tutte le autorità presenti qui e al Paese, chiediamo di sostenerci in questo percorso di conoscenza e responsabilità per le nostre e i nostri giovani. Dipenderà da loro la possibilità che mai più si ripeta l’orrore che ha drammaticamente segnato le generazioni delle nostre madri e dei nostri padri. Valeria Fedeli

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